Rastignano di Pianoro, l'eccidio dimenticato

Rastignano di Pianoro, maggio 1974.

"Ieri durante i lavori di scavo per fare le fondamenta di un nuovo edificio a Rastignano di Pianoro, in via Don Minzoni, le ruspe hanno portato alla luce i resti di 17 persone sepolte in quel luogo, con ogni probabilità durante l'ultima guerra. Stando ai primi accertamenti, sembra che si tratti di persone passate per le armi. Sugli scheletri infatti, sarebbero stati trovati i segni lasciati da pallottole di mitra. Nei pressi del luogo del triste rinvenimento, c'era un comando delle truppe tedesche. Il fronte, come è noto, nell'inverno del 1944 si trovava a pochi chilometri di distanza".

Così riferiva il quotidiano L'Unità del 14 maggio 1974, commentando la casuale scoperta compiuta dagli operai di una impresa edile nel corso dei lavori di scavo per le fondamenta di una palazzina nella località Il Pero, a Rastignano, la prima frazione del comune di Pianoro che si incontra lasciando il quartiere San Ruffillo di Bologna, poco dopo il ponte sul torrente Savena. L'area interessata era in un piccolo lotto di terreno sulla Via Don Minzoni, una corta strada che corre parallela fra la statale della Futa, da un lato e la massicciata della ferrovia Bologna-Firenze dall'altro, in quel tratto molto rialzata.

Avvisate le autorità competenti i lavori di scavo vennero temporaneamente sospesi per consentire le prime indagini e l'esumazione degli scheletri rinvenuti, eseguita la quale, ripresero alla ricerca di eventuali altre fosse adiacenti. Ed infatti, a pochi metri ne apparve una seconda, più piccola.

"Proseguendo negli scavi di via Don Minzoni, alla periferia di Rastignano, in comune di Pianoro, gli operai della impresa che deve preparare le fondamenta di un nuovo edificio, hanno recuperato, presenti i carabinieri di Pianoro, altri sei scheletri. Da un primo esame anche questi sembra siano stati uccisi e buttati in una fossa comune dalle truppe tedesche che a poca distanza dal luogo del ritrovamento avevano un loro comando. Sono state reperite ossa perforate e fratturate da proiettili, presumibilmente di mitragliatrice. Anche in questo secondo rinvenimento gli scheletri apparterebbero a civili. Sono stati trovati vari bottoni, un orologio da polso, nessuna piastrina di riconoscimento o altri oggetti utili alla identificazione delle vittime della ferocia nazista".1

In totale vennero quindi rinvenuti 23 scheletri, ad alcuni metri di profondità nel terreno, che raccolti in 9 scatole furono inviati all'Istituto di Medicina Legale di Bologna.
Esauritasi ormai la cronaca dei ritrovamenti , nei giorni successivi Il Resto del Carlino e L'Unità continuarono, nelle loro pagine locali, ad occuparsi della vicenda nel tentativo di fornire qualche ipotesi plausibile circa il contesto dell'eccidio. Alcuni elementi interessanti scaturirono da interviste che i giornalisti  riuscirono ad avere con gli ex-proprietari del fondo e con altri residenti della zona.

"Le fosse comuni scoperte per caso a Rastignano non sono altro che voragini prodotte dalle numerosissime bombe sganciate nel 1944 nei pressi della linea ferrata. Alcune buche vennero richiuse mentre gli abitanti del luogo erano sfollati a Bologna. Dopo la liberazione, gli abitanti della zona tornarono alle loro case, ma nessuno fece caso alle voragini richiuse. Non le aveva notate neanche Umberto Colombari, il contadino padrone del podere "Fornacina" sul quale erano cadute quelle bombe. La scoperta degli altri scheletri fa pensare che nella zona sia avvenuto un vero e proprio eccidio: tutto fa ritenere infatti  che gli altri lavori di scavo faranno rinvenire altre decine di resti.  Chi sono gli uomini e le donne trucidati ? Quasi sicuramente civili, visto che le scarpe le fibbie e tutto ciò che é stato trovato fra gli scheletri sono resti di abiti civili e non di divise militari (...) Don Giorgio Serra parroco anche nel 1944 della parrocchia di Rastignano, ha escluso che si tratti di gente della zona "i nostri morti - ha detto - sono stati tutti ritrovati e seppelliti assieme agli altri caduti". Le ventitré persone trucidate saranno probabilmente state portate a Rastignano da altre località e lì giustiziate con con colpi d'arma da fuoco sparati a bruciapelo alla testa, come dimostrano eloquentemente i fori nella calotte craniche fin qui rinvenut".2

Sulla possibile identità delle vittime invece gli orientamenti dei due quotidiani si andarono differenziando, evocando scenari alquanto diversi.  Da un lato Il Resto del Carlino metteva in grande risalto una serie di articoli con i quali si tendeva ad accreditare la strage come l'esecuzione di alcuni civili dispersi abitanti nella zona e di un gruppo di piloti alleati tenuti prigionieri in un comando tedesco SS che durante l'estate-inizio autunno 1944 era insediato proprio in una villa che sorgeva vicino al luogo di rinvenimento della strage. Con minor enfasi, ma forse con maggior realismo, l'Unità suggeriva invece un ponte tra i ritrovamenti delle nuove fosse e i partigiani ancora dispersi dopo il prelevamento dal carcere di  San Giovanni in Monte nell'ultimo periodo bellico proponendo, sia pur nei limiti delle poche informazioni  disponibili, un parallelo con l'eccidio di San Ruffillo. E in verità gli elementi comuni fra i due tragici avvenimenti apparivano significativi.  

"Intanto la macabra "tecnica" dei massacri aperti sui crateri delle bombe d'aereo usata dagli assassini della "brigata nera" e della SS; alla stazione di San Ruffillo infatti, decine e decine di partigiani ed ostaggi furono buttati nella fossa comune nel Febbraio e seppelliti senza che alcun testimone civile avesse potuto essere presente o vedere: solo con il bombardamento a tappeto dell'Aprile, che segnò l'inizio dell'offensiva finale, la terra venne nuovamente sconvolta, mettendo a nudo l'orribile carneficina. Dall'elenco dei prelevati dal carcere, sempre in quei giorni, mancano da trent'anni altre decine di partigiani, un folto gruppo dei quali portati via a bordo di camion. Le buche di Rastignano sono distanti pochi chilometri da San Ruffillo e tale elemento ha suggerito ai compagni la possibile eventualità che le varie fosse siano legate dall'unico terribile filo dell'atrocità nazifascista".3

L'ipotesi che i resti umani rinvenuti nel 1974 a Rastignano siano quelli di detenuti prelevati da San Giovanni in Monte scaturì dunque già in quei giorni fra gli ex-compagni di lotta e di carcere, alcuni dei quali si recarono ad esaminare i resti e gli oggetti rinvenuti, nella speranza di poter fornire qualche informazione utile. Ma invano: nessuna identificazione ufficiale fu possibile, l'inchiesta venne archiviata e l'eccidio venne di fatto dimenticato. Seguendo tuttavia il filo di quella suggestione va rilevato come alla luce dell'esame dei registri del carcere la possibilità che si tratti almeno in parte di contingenti di detenuti prelevati nel corso delle tre date dell'aprile 1945 (4, 9, 17) appaia del tutto verosimile. E' vero, non c'è complessivamente una perfetta coincidenza fra il numero degli scheletri ritrovati a Rastignano e il numero dei partigiani rimasti dispersi nelle tre date, ma questa differenza potrebbe derivare dal mancato ritrovamento di parte delle vittime dell'eccidio. Il lotto di terreno nel quale fu effettuato lo scavo delle due fosse fu  probabilmente l'ultimo ad essere costruito. Potrebbero esserci altre fosse rimaste ignote nelle proprietà confinanti, già edificate, che quindi non fu possibile cercare. Oppure in una delle date di prelevamento potrebbe essere stato scelto dagli esecutori tedeschi un diverso luogo di strage, ad una distanza più o meno grande da quello in oggetto.

Purtroppo non esistono elementi sufficienti, sulla scorta delle informazioni disponibili, né per confermare né per smentire l'attendibilità di quella ipotesi, che appare comunque del tutto plausibile e degna, quando sarà possibile, di ulteriori approfondimenti.

Va sottolineato come nessuno dei partigiani prelevati da San Giovanni in Monte il 4, 9 e 17 aprile 1945 sia mai stato riconosciuto tra le salme provenienti dalle "fosse" di San Ruffillo portate in Certosa all'epoca del loro ritrovamento, nel maggio 1945; un elemento che induce a ritenere che furono uccisi altrove. Tutti i 39 detenuti prelevati in quelle tre date di aprile rimasero nel dopoguerra ufficialmente "dispersi", anche se una parte dei loro nomi figurano ancora oggi, ma a solo scopo commemorativo, sulla lapide in memoria dell'eccidio di San Ruffillo situata nella omonima piazza.

NOTE:

1 - L'Unità, 15 Maggio 1974

2 - Il Resto del Carlino, 15 Maggio 1974

3 - L'Unità, 18 Maggio 1974

 


Per approfondire ulteriormente il tema si rimanda ai seguenti contributi:

Andrea Ferrari, Paolo Nannetti, L’eccidio di San Ruffillo. Repressione nazifascista a Bologna nell’inverno 1944-45, Comitato per le onoranze ai caduti di San Ruffillo e del Quartiere Savena, Bologna, 1988.

Andrea Ferrari, Paolo Nannetti, Per una storia degli eccidi di San Giovanni in Monte. Le fucilazioni di massa di detenuti politici a Bologna negli ultimi mesi di occupazione tedesca, in «Resistenza oggi». Quaderni bolognesi di storia contemporanea, n. 4, 2003 nuova serie. L'articolo si trova riprodotto anche nel sito di ANPI - Pianoro: https://www.anpipianoro.it/memoria-nazionale/storia-degli-eccidi-di-san-giovanni-in-monte.html

 

 

 

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