Braccia per il Reich

 

Braccia italiane per l'economia di guerra nazista, con ogni mezzo

Pubblichiamo in questa sezione una prima serie di biografie - provenienti da una ricerca tuttora in corso -  di civili nati o residenti in provincia di Bologna, o in quel territorio catturati, che furono inviati nel Reich come lavoratori coatti per essere impiegati per lo più nelle fabbriche del settore armamenti o, in misura minore, nei servizi e in agricoltura.1
Il loro reclutamento avvenne in modo forzato a seguito di arresti, rastrellamenti e retate urbane.Gli appelli rivolti fin dai primi mesi di occupazione tedesca su stampa quotidiana e affissioni, che promettevano alti salari e migliori condizioni di vita e lavoro a chi era disposto a partire per la Germania avevano infatti dato assai scarsi risultati.
Altrettanto deludenti i risultati dei bandi di richiamo pubblicati dalla RSI nella primavera 1944 che destinavano alcune classi di età, o parte di esse, al servizio del lavoro in Germania anziché all'inquadramento nei corpi armati della repubblica collaborazionista o  nei reparti di artiglieria contraerea della Flak (per il cosiddetto «programma Goering»), così come insufficienti furono ritenute le quote raggiunte con le precettazioni avviate in singole aziende italiane per trasferire in Germania quote di manodopera specializzata ritenuta in esubero o sottoutilizzata.

A iniziare dalla primavera 1944 i comandi tedeschi in Italia si affidarono in misura crescente a forme di reclutamento forzato e indiscriminato, nel tentativo di accontentare almeno in parte le pressanti richieste di braccia provenienti dai dirigenti nazisti in una fase che vedeva l'apparato industriale tedesco impegnato al massimo per far fronte alle urgenti necessità militari.Alle retate in zone urbane alla ricerca di renitenti, disoccupati e «sfaccendati» si affiancarono rastrellamenti che nelle numerose zone ritenute «infestate dalle bande» avevano come obiettivo la cattura, insieme a partigiani e loro presunti collaboratori, dei civili che vi erano residenti, da destinare a luoghi di raccolta in cui a seguito di visite mediche venivano selezionati per l'invio in Germania attraverso l'organizzazione del servizio del lavoro tedesco, facente capo a Fritz Sauckel quale Generalbevollmächtigter für den Arbeitseinsatz (Plenipotenziario per il Servizio del lavoro), o GBA. Istanza economica e istanza repressiva vennero così a sovrapporsi in modo funzionale.

 

«Vengono i tedeschi, ci prendono in casa...»

Anche nel Bolognese dalla primavera 1944 accanto al reclutamento attraverso bandi e precettazioni nelle aziende, iniziò a farsi sempre più frequente il ricorso a retate e rastrellamenti; le persone catturate venivano poi trasferite, a seconda dei casi, dapprima nel carcere di San Giovanni in Monte, o altri luoghi di detenzione, oppure direttamente nel centro di raccolta per il GBA, funzionante presso le Caserme Rosse, situate in zona Corticella, che fin dall'autunno 1943 raccoglieva contingenti di militari o di civili da inviare oltre-Brennero, e dove nell'estate 1944 iniziarono ad affluire anche grandi contingenti di civili rastrellati in Toscana e Romagna.2
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Dall'inizio dell'agosto 1944 inoltre il campo di concentramento di Fossoli di Carpi - fino a quel momento campo di internamento per la polizia fascista e, dal marzo 1944, campo di transito (Durchgangslager, o Dulag) per la Sipo-SD tedesca da cui avviare ai lager del Reich ebrei e prigionieri politici - vide trasferita la sua precedente funzione al campo di concentramento di Bolzano-Gries, per divenire campo di smistamento (Sammellager) per il servizio del lavoro tedesco, da cui inviare al nord i civili destinati al lavoro coatto.

Tra le prime azioni di rilievo messe in atto dai comandi tedeschi nel territorio del capoluogo emiliano, quella che a fine maggio 1944 vide a Castel del Rio (e con analoghi risultati anche in altri comuni toscani vicini) la cattura di una cinquantina di giovani, quasi nessuno dei quali attivo nella Resistenza, attratti con il pretesto di una verifica della posizione di leva nei locali del comune e poi bloccati con le armi, condotti dapprima nel carcere della fortezza di Prato, e quindi a Fossoli, da dove tra fine giugno e luglio sarebbero stati destinati, dopo una breve tappa nel lager di Mauthausen, al lavoro coatto in varie località austriache - tra le quali Sankt Valentin, nel distretto di Amstetten, impiegati nella fabbrica di panzer Nibelungenwerke - o della Germania settentrionale.
Significativa anche una azione di rastrellamento che avverrà tra il 18 e il 19 giugno nel territorio del comune di Minerbio, e porterà al fermo di una decina di persone, in questo caso quasi tutte attive nel movimento partigiano o militanti antifascisti di lunga data, che saranno subito condotti nel campo di Fossoli, da dove a fine luglio verranno messi in partenza per la Slesia, destinati a lavori di fatica nei dintorni di Breslavia.

Da giugno, in concomitanza anche con le operazioni per l'allestimento di una nuova linea di difesa sul crinale dell'appennino tosco-emiliano (che diverrà la cosiddetta Linea Verde, più nota come Linea Gotica), l'esigenza di controllo del territorio destinato a divenire retrofronte diverrà urgente e porterà al moltiplicarsi di azioni militari tedesche, spesso congiunte con reparti salodiani, che avranno come priorità l'individuazione di unità partigiane e nel contempo il rastrellamento di civili da avviare al lavoro coatto tramite le strutture di Caserme Rosse e Fossoli.
L'apice della attività di rastrellamento da parte delle unità militari e di polizia tedesche e fasciste sarà raggiunto nel territorio bolognese nel corso dei mesi di settembre e ottobre 1944, quando l'esigenza di garantire i collegamenti stradali nelle valli appenniniche per il transito dei convogli militari e l'eliminazione di sacche di resistenza armata alle spalle delle unità impegnate al fronte, porterà ad azioni su più ampia scala che avranno come risultato il moltiplicarsi delle vittime civili da un lato, e del bottino di braccia utili per il Reich dall'altro.
L'impiego di unità di Waffen-SS inquadrate nella 16a divisione «Reichsführer-SS», che già si era tristemente distinta per ferocia a Sant'Anna di Stazzema e in altre località toscane, causerà la morte di oltre 700 civili, in gran parte anziani, donne e bambini, nelle località attorno a Monte Sole, nei pressi di Marzabotto e Grizzana, tra il 29 settembre e i primi giorni di ottobre, consentendo nel contempo la cattura di circa 450 civili da avviare al lavoro coatto, ai quali verrà fatta raggiungere a piedi la struttura di Caserme Rosse. Le settimane successive vedranno un susseguirsi di rastrellamenti e di scontri armati dei reparti tedeschi con le unità partigiane che si preparavano ad una possibile insurrezione in vista del ritenuto imminente sfondamento alleato verso la pianura padana.
È in tale contesto che avvengono operazioni come quelle ad esempio che l'8 ottobre causarono i combattimenti a Rasiglio e Cavallazzo, nelle colline tra Monte San Pietro e Sasso Marconi, dove reparti della 16a «Reichsfuhrer» intercettarono unità della 63a brigata Garibaldi «Bolero», causando una dozzina di vittime tra i partigiani, a cui si aggiungeranno il giorno successivo tre civili fucilati perché ritenuti colpevoli di collaborazione con la Resistenza, e 13 partigiani che saranno il giorno 10 legati a pali e trucidati nei pressi del ponte del cavalcavia a Casalecchio di Reno. Intanto i numerosi civili - oltre un migliaio secondo successivi rapporti tedeschi - che erano stati rastrellati nella stessa area saranno condotti alle Caserme Rosse e Fossoli per essere selezionati in vista dell'invio al lavoro coatto in Germania. Tra le destinazioni lavorative, le acciaierie di Hennigsdorf, nel Brandeburgo.

 

Imolesi per la produzione di panzer e caccia a reazione

Anche nell'Imolese, nel corso del mese di ottobre si intensificano le azioni di rastrellamento. Il giorno 9 nella frazione di Sesto Imolese una vasta operazione tedesca muove dalle località di Balia, Bettola e Sterlina prelevando di casa in casa tutti gli uomini e concentrandoli in piazza, dove una prima selezione rimanda a casa i più anziani, mentre il centinaio di rimanenti sono trasferiti a Medicina. Qui, anche per effetto dell'intervento di un reggente del Fascio infiltrato dalla resistenza, un'altra metà è rilasciata, mentre gli altri sono fatti proseguire per il campo di smistamento del GBA di Fossoli, da dove proseguiranno in parte per Brandeburgo sulla Havel, nell'area berlinese, per lavorare nelle acciaierie della Mitteldeutsche Stahlwerke, in parte verso la Sassonia, a Bitterfeld-Wolfen, dove sorgeva un grande complesso chimico della I.G. Farben.

Ma per altri sfortunati provenienti dallo stesso rastrellamento la destinazione finale sarà il complesso del Reimahg presso Kahla, in Turingia, vero inferno in terra secondo la memoria dei sopravvissuti, dove all'interno di un vasto sistema di gallerie erano prodotti i caccia a reazione Me-262 al prezzo di una feroce disciplina e di una mortalità di livello analogo a quella dei peggiori Konzentrationslager delle SS. Particolarmente drammatica la sorte dei 15 imolesi che vi giungeranno, dei quali solo 5 riusciranno a sopravvivere.
3)

Pochi giorni dopo, il 14 ottobre, un'altra vasta retata investe la città di Imola portando al fermo di molte centinaia di persone, parte delle quali è concentrata nei cortili della fabbrica Cogne, dove alcuni giorni prima i lavoratori avevano protestato contro l'invio dei macchinari in Germania. Nei giorni successivi i fermati sono inviati prima in un campo di raccolta nel Ferrarese (Caserme Rosse il 12 ottobre era stata colpita nel corso di un bombardamento aereo alleato ed evacuata), poi a Fossoli, da dove partiranno per varie destinazioni lavorative nel Reich, che saranno raggiunte dopo aver fatto tappa a Verona e Innsbruck. La maggior parte di essi raggiungerà dopo alcuni giorni di viaggio la località di Kirchmoeser, nel Brandeburgo, per essere utilizzati in una fabbrica di carri armati.

Ancora nella pianura bolognese, uno scontro armato si accende il 21 ottobre 1944 in località Vigorso e Fiesso, nelle campagne tra Castenaso e Budrio, dove durante un capillare rastrellamento tedesco causato forse da una spiata, in una casa colonica viene scoperto un gruppo di partigiani delle brigate 36a, 62a e 66a in procinto di raggiungere Bologna per contribuire alla sua ritenuta prossima liberazione. Numerose le vittime da entrambe le parti e anche in questo caso alcuni civili ritenuti conniventi sono subito fucilati, tra i quali diverse donne, mentre altri partigiani sono destinati ad esecuzione pubblica il giorno successivo. Molti altri civili - poco meno di 200 secondo fonte tedesca - sono invece catturati per essere in parte avviati al lavoro coatto in Germania dopo il trasferimento a Fossoli.

Solo nel corso di novembre il flusso di braccia italiane verso le fabbriche del Reich inizierà ad affievolirsi a seguito della decisione tedesca di porre termine ai rastrellamenti indiscriminati, continuando però a consentire quelli necessari alla repressione antipartigiana e al reclutamento di manodopera da utilizzare in zona per i lavori di trinceramento e difesa con l'organizzazione Todt.
Inizierà così una nuova fase, non meno drammatica della precedente, che porterà all'arresto di altre centinaia e centinaia di partigiani e di civili, parte dei quali saranno destinati a segreta fucilazione (prima a Sabbiuno di Paderno, poi tra il febbraio e il marzo 1945 davanti alla stazione di San Ruffillo, in seguito altrove), parte a deportazione nei lager di Bolzano-Gries e Mauthausen.

 

Da Bologna verso il Brennero, a migliaia

Un bilancio complessivo della manodopera coatta inviata nel Reich dalla provincia di Bologna nel corso dell'intero periodo di occupazione deve necessariamente far riferimento ai dati provenienti dalle fonti tedesche rappresentate dai rapporti degli organismi di polizia Sipo-SD e quelli dei comandi militari, in particolare della Militärkommandantur 1012.3
Secondo tali documenti tra l'inizio dell'ottobre 1943 e la fine del maggio 1944 nella provincia di Bologna furono reclutati per l'invio in Germania solo 694 persone, su complessive 3.600 nella regione emiliana e un totale di 34.540 per l'area italiana sotto controllo tedesco.
La leva per classi non diede esiti migliori e alla fine di giugno l'organizzazione di Fritz Sauckel poté inviare oltre-Brennero da Bologna, una volta scremati gli inabili e quelli destinati al lavoro in Italia, solo 342 uomini della classe 1926 e 10 della classe 1920.
Per misurare gli effetti dell'inizio della campagna estiva di rastrellamenti sistematici bisogna attendere i rapporti della polizia tedesca relativi all'agosto 1944, secondo i quali in quel mese furono arrestati nella provincia di Bologna 7.436 uomini e 139 donne, dei quali circa 500 classificati inabili e 1.500 assegnati al lavoro in Italia con la Todt, mentre 5.600 furono inviati nel Reich. L'arruolamento volontario era limitato all'1 per cento, mentre il 10 per cento proveniva da carceri o azioni di polizia; il restante 89 per cento era costituito da rastrellati nelle zone di retrofronte presidiate dai reparti della 10a e 14a armata della Wehrmacht.
Secondo un rapporto della MK 1012 invece, tra il 15 luglio e l'11 agosto furono catturati o reclutati con varie modalità 3.336 uomini e 47 donne, che al netto di coloro ritenuti inadatti o destinati al lavoro in Italia consentirono di far partire per la Germania da Caserme Rosse e Fossoli 1.903 uomini e 38 donne. Dalla metà di agosto fino al 13 settembre 1944 furono invece 2.602 uomini e 74 donne ad essere inviati al lavoro in Germania dalla provincia di Bologna.
Pur in mancanza di statistiche precise, come abbiamo visto il periodo cha va dalla metà del settembre 1944 alla fine dell'ottobre successivo, a seguito delle sempre più massicce azioni di rastrellamento dispiegate in tutta la provincia e nei territori limitrofi consentirà di inviare al lavoro coatto in Germania da Bologna alcune altre migliaia di civili.

La ricerca in corso di svolgimento vorrebbe ricostruire, da un lato una cronologia delle azioni e degli scontri a margine dei quali fu possibile nella nostra provincia il reclutamento forzato di civili, dall'altro una possibilmente ampia serie di biografie che riesca a rendere conto sia dei percorsi attraverso i vari luoghi di detenzione che delle destinazioni lavorative raggiunte nel territorio del Reich, delle condizioni di vita e lavoro, e in certi casi di morte, che vi trovarono. Una rassegna che potrà essere ovviamente solo parziale rispetto ad una totalità di tante migliaia di persone coinvolte, ma ugualmente utile alla conoscenza storica e alla memoria di una vicenda ancora oggi poco conosciuta.

APPROFONDIMENTI:

Per un inquadramento generale sull'invio di manodopera italiana nel Reich durante tutto il periodo bellico vedi la mostra on line Tante braccia per Reich, realizzata a cura di ANRP - Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari, con il contributo della Ambasciata della Repubblica Federale di Germania, Roma.

NOTE:

1 Particolarmente numerose e dettagliate quelle relative a cittadini dell'area imolese e di Castel del Rio, grazie alla ricca documentazione conservata nell'Archivio ANED presso l'istituto C.I.D.R.A. - Centro Imolese di Documentazione sulla Resistenza Antifascista e storia contemporanea. Siamo grati a Marco Orazi per la disponibilità e collaborazione nel corso della consultazione.

2 Tra i contributi sul ruolo di Caserme Rosse nell'invio di migliaia di lavoratori coatti verso la Germania, da segnalare (da cui è tratto anche il titolo del presente paragrafo): Lia Aquilano, 1944, vengono i tedeschi ci prendono in casa. I rastrellamenti, i campi di concentramento nell’area toscana, romagnola, bolognese. Prima ricognizione, Bologna, Comitato regionale per le celebrazioni del 50. anniversario della Resistenza e della Liberazione Emilia-Romagna, 1995

3 I dati qui riportati in modo sintetico provengono da una più dettagliata esposizione contenuta in: Lutz Klinkhammer, L'amministrazione tedesca di Bologna e il crollo della Linea Gotica, in Bologna in guerra, 1940-1945, a cura di Brunella Dalla Casa e Alberto Preti, Milano, F. Angeli, 1995, pp. 133-155

 


FOTO:

1) Propaganda per il reclutamento per il lavoro in Germania su un quotidiano

2) Gli impianti chimici della Leuna Werke, a Merseburg, in Sassonia

3) Linee di produzione di mezzi corazzati

 

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