FINI ERNESTO
Fini Ernesto, da Giovanni ed Elisa Rizzi, nato il 13 febbraio 1906 a San Lazzaro di Savena (BO); lì residente. Colono.
Sulla base di informazioni ricevute con molta probabilità da fascisti locali, un gruppo di SS e di militi fascisti (sembra questi agli ordini del comandante la GNR di San Lazzaro di Savena), nel pomeriggio del 3 luglio 1944 mette in atto un rastrellamento nella frazione di Pizzocalvo di San Lazzaro di Savena, mirato in particolare ad alcune abitazioni in cui si potevano trovare renitenti o partigiani, essendo abitate da persone note per non avere simpatie per il fascismo e la RSI.
Il primo obiettivo è la casa della famiglia Marzaduri , dove furono arrestati i due fratelli Augusto e Antonio Marzaduri, insieme a Luigi Nannetti, sfollato da Bologna in una casa vicina. Poi è raggiunta l’abitazione della famiglia Giardini, dove è arrestato Vittorio Giardini. Tocca quindi alla casa della famiglia Minarini, minacciata di essere anche incendiata, dove è catturato Guido Minarini (forse renitente alle chiamate dopo l'8 settembre), con Ermenegildo Giardini (fratello di Vittorio), e Nerino Lolli. Ernesto Fini, un vicino che stava in quel momento lavorando nel campo con la moglie a raccogliere il fineo, è arrestato poco dopo, mentre si reca alla casa dei Giardini avendo udito provenirne urla e minacce.
Tutti i fermati sono condotti in una delle due ville in zona Croara di San Lazzaro utilizzate da reparti tedeschi. Non è chiaro se a Villa Rusconi (sede di un comando Wehrmacht) o a Villa Calzoni. Nelle ore che seguono (in un momento rimasto imprecisato) gli otto uomini sono fucilati e sepolti in una fossa comune nei pressi della strada che da San Lazzaro sale verso Pizzocalvo.
Nei giorni successivi agli arresti i famigliari tentano di ottenere informazioni sulla sorte dei loro cari recandosi presso i locali comandi tedeschi e fascisti e tentando di coinvolgere il parroco di Pizzocalvo. Le prime informazioni fornite suggeriscono che i rastrellati siano stati inviati al campo di concentramento di Fossoli di Carpi per essere inviati in Germania a lavorare. Ma i primi sospetti sulla avvenuta uccisione cominciano ad emergere da alcuni brani di conversazione di fascisti locali e abitanti della zona. Solo a fine luglio una prima ammissione della avvenuta fucilazione giunge dal comando tedesco di San Lazzaro al commissario prefettizio di quel comune, che viene informato di una loro uccisione a seguito di una tentata fuga durante il trasporto. Solo il 13 settembre questi a sua volta chiederà al parroco di Pizzocalvo di informare le famiglie di questa in realtà falsa versione.
Negli stessi giorni però Pia Giardini, sorella di Ermenegildo e Vittorio, apprende dal parroco che la fucilazione sarebbe avvenuta a Villa Rusconi, mentre i parenti di Guido Menarini, che era impiegato come portiere presso l’ospedale Putti di Bologna, attraverso l’interessamento del primario, professor Oscar Scaglietti, riescono ad ottenere di poter disseppellire la salma di Guido e portarla al cimitero di San Lazzaro, senza però poter dir nulla agli altri parenti. Solo il 17 maggio 1945 anche gli altri sette corpi dei fucilati saranno riesumati e tumulati nel cimitero di San Lazzaro. Solo allora anche gli altri parenti avranno conferma di quanto accaduto.
Nel 1945 un processo presso la Corte d’Assise straordinaria di Bologna porterà alla condanna a 12 anni di un parente di uno dei fucilati accusato di assere il delatore che aveva causato il rastrellamento. Nel 1947 la condanna sarà annullata dalla intervenuta amnistia.
Un primo monumento venne eretto in memoria dei «Martiri di Pizzocalvo» sul luogo del ritrovamento della fossa comune nel 1946, sostituito da uno più moderno negli anni Ottanta.
- Dizionario biografico degli Antifascisti di Bologna e provincia
- Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
ALTRE FONTI:
- Werther Romani, San Lazzaro di Savena, in Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese Comune per Comune, Anpi Bologna, Bologna, 1998, p. 208.
- Werther Romani, Mauro Maggiorani, Guerra e Resistenza a San Lazzaro di Savena, Aspasia, Bologna, 2000, pp. 147-159.