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INTERNATO A BOLZANO

TROMBETTI BRUNO

Nato il 10 aprile 1910 a Bologna (BO)
Residente a Bologna (BO)
Arrestato il 18 febbraio 1944 a Bologna (BO)
Luoghi di detenzione: carcere di Bologna, carcere di Parma, carcere di Castelfranco Emilia, campo di Fossoli
Internato a Fossoli, Bolzano
È sopravvissuto
nessun numero assegnato

Trombetti Bruno, «Sergio», da Lorenzo ed Ermelinda Biavati, nato il 10 aprile 1910 a Bologna; lì residente. 3a Istituto Aldini. Operaio meccanico alla Weber.

Il Dizionario biografico degli Antifascisti di Bologna e provincia riporta le seguenti note.

Iscritto al PCI. Nel 1929  venne ferito alla gamba sinistra da un colpo di pistola sparato dallo squadrista Bruno Monti, con il  quale si era scontrato in via Castelmerlo (Bologna). Il 29 luglio 1932 fu arrestato con il padre, la madre, il  fratello Renato di 17 anni e altri 54 militanti antifascisti. I familiari vennero scarcerati e lui deferito al Tribunale speciale per «organizzazione comunista bolognese». Trasferito nel carcere di Regina  Coeli (Roma), fu tenuto in isolamento sino al maggio 1933. Il 10 dicembre 1932 venne trattenuto, mentre  quasi tutti gli altri detenuti furono scarcerati, a seguito della concessione dell'amnistia del  decennale. Il 20 gennaio 1933, con altri 6 militanti antifascisti, venne nuovamente deferito al Tribunale  speciale per «associazione e propaganda sovversiva» negli stabilimenti industriali bolognesi.  L'1 maggio 1933, mentre era in attesa di processo, si accordò con Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta per  solennizzare la festa del lavoro. Durante l'ora d'aria, dalla finestra della sua cella gridò  ripetutamente: «Viva il 1° Maggio. Abbasso il fascismo». Venne picchiato e chiuso in cella  d'isolamento per 15 giorni. Il 18 settembre 1933 fu condannato a 8 anni di reclusione, all'interdizione perpetua  dai pubblici uffici e a un anno di vigilanza speciale. Restò 3 anni nel carcere di Possano (CN), prima di essere liberato nel 1935 a seguito della concessione dell'amnistia. Gli furono comminati 22  mesi di vigilanza speciale e dal 1935 al 1943 venne arrestato numerose volte per motivi di pubblica  sicurezza, per un totale di 11 mesi di reclusione. Fu assunto alla officina Weber e divenne uno dei  dirigenti del movimento antifascista. Dopo lo scoppio della guerra, nel 1940, la direzione aziendale  comunicò che, durante l'ora della mensa, i lavoratori avrebbero dovuto interrompere il pasto e ascoltare in piedi il bollettino militare trasmesso alla radio. Il primo giorno di trasmissione restò  seduto. Essendo stato richiamato per nome, si alzò e disse: «Io sto seduto perché sono un operaio  comunista già condannato dal Tribunale speciale e sono contro questa guerra fascista». Poi si  sedette imitato da altri operai. Con l'inizio della guerra di liberazione fece parte dei primi gruppi armati che operarono in città e successivamente fu inviato sull'Appennino tosco-emiliano.

A seguito di una delazione il 18 febbraio 1944 è arrestato a Loiano (BO) e incarcerato a San Giovanni in Monte, a disposizione del «comando tedesco SS», poi del «Tribunale militare tedesco 1012», che lo condanna ad una pena di sei mesi. Il 15 aprile 1944 è trasferito al carcere di Parma, da dove è poi inviato a quello di Castelfranco Emilia.

È infine internato nel campo di concentramento di Fossoli, dove resta fino al settembre 1944, quando caricato su un convoglio diretto in Germania riesce a scappare, insieme all'amico Eros Sabbioni.

Riprende l'attività resistenziale a San Giovanni in Persiceto ed entra a far parte della 63a brigata Garibaldi Bolero, nella quale militava anche la moglie Carmelina Montanari.

Il 27 gennaio 1945 è arrestato con la moglie in località Tassinara (San Giovanni in Persiceto).  Mentre si trovavano nelle  celle della caserma dei carabinieri, gli fu comunicato che sarebbe stato fucilato e la moglie deportata. Consenzienti i carabinieri quella notte i coniugi rimasero nella stessa cella e concepirono la figlia Renata, che nascerà il 26 ottobre 1945.

Evitata la fucilazione per l'intervento di un ufficiale tedesco, i coniugi saranno condotti a Bologna, dove la moglie, condotta alla caserma della GNR presso la facoltà di Ingegneria riuscirà ad evadere, mentre Trombetti dal 28 gennaio 1945 sarà incarcerato a San Giovanni in Monte, con matricola 13104, a disposizione del «comando tedesco SS».

Vi rimarrà un mese. Il 28 febbraio 1945 è prelevato e trasferito, insieme ad un centinaio di detenuti, prima alle carceri tedesche di Verona, dove alcuni riusciranno ad evadere approfittando di un bombardamento, poi al campo di concentramento di Bolzano-Gries.

Qui riceve la matricola 10516 ed è assegnato al Blocco E.

È liberato a Bolzano nei primi giorni del maggio 1945.

Riconosciuto dall'apposita Commissione regionale partigiano con il grado di  tenente, con ciclo operativo dal 9 settembre 1943 alla Liberazione.


FONTI A STAMPA E ARCHIVISTICHE:

– Registri matricola del carcere di San Giovanni in Monte

– Venegoni, Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano, ad nomen

– Dizionario biografico degli Antifascisti di Bologna e provincia

Rif: INTERNATO A BOLZANO-2436



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